Trama
E’ la commedia più conosciuta delle opere di Eduardo Scarpetta (padre naturale di Eduardo, Peppino e Titina De Filippo), grazie anche alla famosa e memorabile interpretazione cinematografica di Totò.
E’ la storia di due famiglia napoletane, poverissime e affamate, che grazie ad un colpo di fortuna si trovano a recitare nei panni dei nobili, attuando così, il sogno di Felice Sciosciammocca di un mondo popolato da soli nobili.
Una storia che racconta di una Napoli ormai scomparsa, fatta di famiglie costrette a vivere nella stessa casa misera, costretti a sbarcare il lunario con lavori inventati, come quello dello scrivano e del salassatore.
La commedia, interpretata e diretta da Mario Antinolfi, dopo il clamoroso successo di aprile scorso con “’O Scarfalietto” al Teatro Fara Nume, vede ora, sullo stesso palco, con lo stesso autore quest’altra divertentissima ed esilarante commedia napoletana. Una commedia messa in scena da Antinolfi, con grande ritmo e tempi comici, cercando la perfezione e curando ogni aspetto dello spettacolo, dalla costruzione del personaggio all’accuratezza dei particolari delle scenografie fino ad arrivare ai costumi, fedelmente riportati in quel epoca (inizio 1900).
Il regista mette in evidenza diversi aspetti della vita quotidiana dell’epoca, poi riportati soventi nelle opere di Scarpetta o nelle stesse opere di Eduardo De Filippo, aspetti quali la drammaticità del vivere misero alla comicità creata dalle vari fasi grottesche che si presentano man mano nella commedia.
L’operazione di ri-adattamento del testo scarpettiano è compiuta con accuratezza da Antinolfi che, eliminate alcune lungaggini e diverse forzature del copione originale e inserendo degli spunti dalla famosa versione cinematografia di Totò, ne conserva la sostanza “ovvero un testo dotato di ritmi e tempi comici straordinari e di personaggi che, nella loro semplicità, hanno fatto la storia del teatro”.
In questa versione il regista ha volutamente mantenere battute e gags tipiche di quella comicità napoletana, curandone anche e soprattutto la mimica, punto di forza di ogni napoletano, che sanno descrivere qualunque cosa anche senza pronunciare una sola parola. Tra le famose battute ricordiamo la proverbiale, “… Vincenzo m’e’ pate a me!”, ripetuta da Peppeniello all’analfabeta cuoco Semmolone, che per un colpo di fortuna si ritrova con un’eredità lasciatagli dal suo vecchio padrone, il quale pensando che, una volta diventato fortunosamente ricco, crede di essere automaticamente “…………..diventato Nobile e Cavaliere, mentre non sa né leggere né scrivere……..”.
Ci sarebbe ancora tanto da dire su questa commedia ma forse più che parlare è meglio assistere a questo capolavoro.