Note di regia
Questa divertentissima commedia in tre atti, in scena per la prima volta tra il 1941 e il ’42, è considerata il capolavoro comico di tutta la produzione teatrale di Peppino De Filippo. Fu uno dei più grandi successi dei fratelli De Filippo (Eduardo, Peppino e Titina), che lo interpretavano insieme. Ottenne un così vasto successo che dieci anni più tardi si decise di farne anche un film e ancora oggi è accolta dal pubblico con grande favore per l’attualissima vena di comicità amara e di riflessione: un teatro di qualità, capace di trasmettere agli spettatori emozioni autentiche e dirette.
Il suo tema conduttore è la superstizione, di cui il filosofo Benedetto Croce, morto a Napoli nel 1952, diceva: “non è vero, ma prendo le mie precauzioni”. Questa frase fu poi ripresa dal grande Eduardo che soleva spesso dire “Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male”.
E’ uno spettacolo di puro divertimento, che mette in scena la quotidiana ossessione (nello specifico partenopea ma non solo) dei riti superstiziosi, con i suoi personaggi tipici, metaforici ma semplici. La commedia potrebbe essere considerata datata, settant’anni non sono pochi, ma risulta ancora gradevole per due motivi: perché Peppino riesce a scrutare l’animo umano non in maniera seria e didascalica, bensì ironica e, tutto sommato, un po’ indulgente e perché attraverso la comicità delle situazioni sceniche affronta un tema che è comune un po’ a tutti, anche a chi dice di esserne completamente al di fuori e che continuerà ad essere attuale nel tempo.
Come sempre tengo a dare delle “caratterizzazioni” ai personaggi, sempre in modo giusto ed equilibrato, tenendo sempre ben presente il carattere interpretativo degli attori. Ho voluto ritmi intensi e pulizia di gesto. Ho voluto che tutto fosse “Vero” senza cadere nella tentazione di cercare “l’effetto” con forzature. Pur nel “rigore” che accompagna il lavoro di chi ama e rispetta il teatro, posso dire di essermi divertito! Sono certo che gli interpreti, con bravura e professionalità, sapranno divertire”.
Mario Antinolfi