A distanza di un anno dalla vostra ultima fatica, Uomo e Galantuomo, un’altra commedia napoletana. È solo un caso?
Ovviamente no. Prima di tutto c’è da dire che il teatro napoletano ha caratteri talmente decisivi all’interno della tradizione teatrale da non poter essere definito “regionale”. E poi per entrare nel merito della nostra compagnia, i successi anche di critica ottenuti con Uomo e Galantuomo e con i precedenti lavori ci hanno spinto a proseguire su questo alveo
In particolare quali sono stati i riscontri critici e le soddisfazioni che avete ottenuto con il precedente spettacolo?
Citerei i premi vinti alla rassegna teatrale “Ostia in scena” tenutasi al Teatro Centrale (oggi Nino Manfredi): quello come migliore attore protagonista, migliori costumi, e biglietto d’oro, che è un premio assegnato per il maggior numero di spettatori paganti che hanno assistito allo spettacolo
Per tornare alla compagnia che dirigi, quali sono quelli che definiresti essere i suoi tratti distintivi?
Il teatro mi ha insegnato che più di tutto bisogna saper rispettare le regole che non ci sono. Mi spiego: se metto in scena un testo come O scarfalietto, quello attualmente in lavorazione, non c’è nessuno che mi impedisca di stravolgere il copione, magari per renderlo più agile e fruibile. Eppure c’è una regola, non scritta, che mi suggerisce di non infrangere la tradizione di quella piéce. Ovviamente si tratta di duttilità, e di pratica di scena che ti viene naturale adottare dopo anni di lavoro: capire su cosa si può intervenire senza stravolgere la tradizione
E tu con Scarpetta stavolta come ci sei riuscito?
Guarda, è semplice: ho affrontato il testo dell’autore napoletano come se fosse una sinfonia di Beethoven, ovvero non cercando né il remake né la copia granitica bensì puntando su arrangiamento e interpretazione.
Insomma stai dicendo di essere un direttore d’orchestra più che un regista. E allora restiamo in metafora: se il teatro napoletano fosse un genere musicale quale sarebbe?
Sicuramente il jazz. Non si ferma alla melodia, va oltre le note: è improvvisazione.